sabato 23 maggio 2015

Le Torri di Benevento

La città di Benevento, nei tempi remoti, aveva un ottimo sistema di difesa e di osservazione nell'area esterna delle Mura, infatti dalle vecchie carte catastali sono evidenziate ben ventidue Torri di "controllo", dieci sul lato meridionale, dieci sul lato settentrionale, una sul versante orientale e una sul versante occidentale. La maggior parte di loro col tempo sono scomparse in seguito ad una complessa serie di circostanze, di altre vi sono ancora delle testimonianze.
Le più importanti erano cinque:
- Torre della Biffa;
- Torre della Catena;
- Torre di Rufo
-Torre di Dacomario;
-Torre degli Scannelli.

La torre della Biffa


era situata a via Posillipo, il nome potrebbe collegarsi ad una vecchia famiglia medievale, ebbe certamente uno scopo difensivo, ma intorno al settecento venne trasformata dalla famiglia Pedicini, che ne era diventata proprietaria, in una colombaia. Oggi è completamente abbandonata a se stessa.

Torre della Catena o della Contena


Era un baluardo d'angolo, utile per avvistare qualsiasi nemico in fase di avanzamento dalle sponde del vicino fiume Sabato. Per la costruzione della Torre furono utilizzati materiali provenienti da altre costruzioni in disuso, per lo più di epoca romana. Sulla storia del fortilizio, posto a baluardo della cinta muraria sullo spigolo nord-ovest non esistono fonti sufficientemente chiare. Si sa certamente che Dacomario la fece modificare affinchè sotto la Torre fosse creato un passaggio pubblico. Oggi è parzialmente ristrutturata, dopo che i bombardamenti dell'ultima guerra l' avevano danneggiata.

Torre di Rufo o dei Rufini


resta la più misteriosa delle costruzioni difensive nominate dagli antichi carteggi, infatti non si sa con precisione l'ubicazione. Si suppone che sorgesse al fianco di Porta Rufina, a guardia della Città Nuova creata da Arechi, fra le mura e la riva del Sabato.

Torre di Dacomario

nome derivato dall'omonimo cittadino Longobardo, cresciuto nei ranghi dei potenti Beneventani. In giovane età era già proprietario di molti terreni sulle sponde del fiume Sabato, dove aveva costruito un mulino e scavato un canale per alimentarlo. Inoltre riscuoteva il pedaggio doganale dalle persone che entravano in città dal Ponte Leproso. Proprio a tutela delle sue proprietà fuori dalla città, aveva ideato una Torre che sorgeva nei pressi della chiesetta di San Nicola, vicino al Ponte Leproso. Oggi non vi è nessuna testimonianza di questa Torre.

Torre degli Scannelli


di questa Torre si sa solo che sorgeva alle spalle della chiesa di Santa Sofia, ma non si conosce con l'esattezza l'ubicazione, molti la identificano con il torrione di Santo Panaro, oggi così chiamato per l'inserimento alla base di un bassorilievo raffigurante un Agronomo addetto alla misurazione delle granaglie. Il nome Torre degli Scannelli sarebbe derivato dalla famiglia omonima, costruttrice della stessa nel periodo del Medio Evo quando era molto diffuso dare il nome della costruzione a chi la edificava anche se il bene era pubblico.








domenica 10 maggio 2015

Le Streghe di Benevento



Si narra che  nel 600 d.C., ai tempi del ducato Longobardo, appena fuori della città di Benevento, ci fosse un gigantesco albero di noce  con un serpente di bronzo appeso a uno dei suoi rami.
Il misterioso rettile- simbolo del male o della vita eterna nella forma ad anello  nell’atto di mordersi la coda -pare facesse parte di  un culto misterioso  praticato dalle streghe nere, che  intorno all’albero sacro si radunavano in alcuni periodi dell’anno per danzare con i demoni prima di unirsi con loro carnalmente, attirando in tal modo la maledizione degli Inferi  su Benevento e le campagne circostanti.
Quelli  erano anni tenebrosi: le armate dell’esercito Bizantino assediavano la città, portando, con la fame, morte e distruzione.

Fu naturale pensare a una purificazione  da riti esoterici non cattolici per recuperare il favore di Dio.
Così   San Barbato, allora vescovo, abbatté il noce, pensando così di estirpare quei culti  pagani e diabolici.
Si narra che nelle radici dell’albero il vescovo trovasse un demone  che rimandò negli inferi con la benedizione dell’acqua santa.
Ma il culto delle streghe nere non cessò.
Anzi si cominciò a favoleggiare  che lo stesso  albero maledetto”grandioso e verdeggiante anco in mezzo inverno” ricomparisse nelle notti dei sabba sempre nello stesso punto, poiché, quando un luogo è di infernale dominio, tale resta per l’eternità.
Le adunanze delle  streghe comunque sembra siano continuate per secoli, sempre legate ad alberi che se non erano il “magico noce”,  lo rappresentavano, tanto che ne troviamo testimonianze precise e dettagliate anche nel periodo dell’Inquisizione  e fino  a tutto il 1600.
Quindi la storia di Benevento stregata si protrae per almeno un millennio, ma ci sono validi motivi per credere che essa sia molto più antica del sesto secolo d.C..
Infatti, prima delle guerre Sannitiche, la città si chiamava  Maloenton-Maleventum romana- dall’etimologia:  terra di greggi o terra di malìa.
Ora malìa è da intendersi riferito alla  bellezza geografica oppure alla magia vera e propria?
Perché è  proprio qui che in seguito- quando Maleventum divenne Beneventum  dopo la vittoriosa battaglia che  in codesta località  i Romani combatterono contro il re Pirro nel 275 a.C- il culto pagano della dea egizia Iside, signora della magia e dell’oltretomba,  trovò terreno fertile e prosperò.
E’ sicuro che i riti di questo culto nell’80 d.C si tenessero attorno ad alberi magici: forse era già riconosciuta la sacralità  del Noce alla Dea.

Le storie sulle streghe che a Benevento  si  sono date convegno durante i secoli sono numerosissime.
 Una delle più note è quella della potentissima maga Alcina, che veniva al sacro noce per adorare i demoni; si stabilì anche vicino alla città , in un luogo che si chiamava Pietra Pulcina, Pietralcina.

La strega Violante confessò al tribunale del Santo Uffizio  di Benevento-  in queste contrade l’Inquisizione fu particolarmente attiva- che non tutte  le streghe  potevano recarsi al Noce: solo le più potenti.

Nel 1428 la strega umbra Matteuccia confessò che si  recava al raduno del Noce di Benevento
in volo dopo aver recitato questa formula:
“Unguento, unguento,
 mandame alla noce de Benevento.
Supra acqua e supra vento
et supra omne maletempo”
(dai verbali del processo che la vide accusata  di stregoneria  indetto dall’Inquisizione e  che si tenne  a Todi)

Streghe al rogo

Abele de Blasio(1858-1945) medico, antropolo, criminologo e studioso della  stregoneria beneventana  scrive che in questa città erano conservati, presso la Curia Arcivescovile,  i verbali di oltre 200 processi per stregoneria, i cui  atti furono fatti sparire probabilmente  nel 1860, prima dell’arrivo delle truppe garibaldine, per evitare che fossero utilizzati come propaganda anticlericale.
 Ma non tutti andarono distrutti.

Mariana di San Sisto
Nell’anno 1456 Mariana , accusata di andare a danzare con i diavoli sotto un  noce nei dintorni di Benevento,torturata brutalmente, confessò che, insieme  a una compagna, vagava per le campagne di notte “a rubar bambini per succhiar loro l’anima e berne il sangue fino a ridurli in fin di vita”.
 Fu logico quindi per il tribunale ritenerla responsabile  della morte del bambino di Paolo Giacomo,
detto il Barbiere, e di certa Flora Schiavo.
Pertanto la donna fu condannata al rogo.

Bellezza Orsini, 1600 circa

 La sua storia è la più famosa  a Benevento: ancor oggi se ne favoleggia.
 Era erbaiola e guaritrice esperta , da ogni  parte arrivavano i malati per farsi curare da lei.
Quando un giovane  affidato alle sue cure per uno strano morbo che lo consumava morì, la donna fu accusata di averlo stregato e ucciso.
A questa denuncia ne seguirono altre, che  invidia e ignoranza  in ogni tempo mieton più vittime del colera.
Condotta al carcere di Fiano fu sottoposta  ai soliti crudeli interrogatori fino a che non confessò
i raduni con il maligno sotto il magico Noce, raduni in cui si consumavano turpitudini di ogni specie.
Di certo le menti degli inquisitori erano molto fantasiose e contorte...
Bellezza confessò anche di possedere un libro di magie dove erano scritti “tutti i segreti del mondo”.
Condannata al rogo si suicidò in carcere squarciandosi la gola con un grosso chiodo.

Faustina Orsi, 1552

Fu accusata di atrocità su bambini, dopo averli “stregati con le sue medicine”.
Sotto tortura anche lei , come Bellezza  confessò tutto e di più.
Però dichiarò  anche di essersi pentita, infatti da “due anni non  si recava più al Noce”.
All’epoca del processo aveva 80 anni, ma l’anzianità e il pentimento non le risparmiarono il rogo.